Dark Ladies

Ho ricreato donne misteriose che si muovono come creature ultraterrene, vestite di nero gotico e incarnato pallido, truccate con labbra rosso fuoco e un make-up che esalta lo sguardo, creando ombre e, a volte, occhiaie. 

Alcune scene e personaggi femminili del film “Sin City”, lavoro cinematografico fumettistico in bianco e nero diretto da Robert Rodríguez, Frank Miller e Quentin Tarantino, hanno colpito la mia immaginazione, quindi mi sono voluto cimentare nella rappresentazione fotografica di qualche dark lady (letteralmente: “donna oscura”). Personaggio stereotipato e immaginario la cui personalità e comportamenti si basano pesantemente su tipologie culturali o cliché, è presente nelle opere di narrativa e del cinema con radici antiche. Rappresenta la donna seduttrice, manipolatrice, anche se non necessariamente malvagia, comunque pericolosa, spregiudicata e sensuale, infedele e dannatrice; si tratta di ritratti femminili la cui ambiguità è generalmente solo il prodotto di un distorto sguardo maschile che mitizza elementi caratteriali dei quali ha paura.

Quello di marcare gli atteggiamenti dei personaggi tipo, è un espediente frequente nella commedia, nella parodia, nel fumetto, nel cartone animato, nel melodramma e nei generi cinematografici.

L’espressione “dark lady” è stata utilizzata per prima da William Shakespeare nei suoi sonetti (127-154). Shakespeare inoltre creò per i suoi drammi vari personaggi di dark lady segnate da un destino ineluttabile, tra cui Cleopatra e Lady Macbeth. Esempio recente di dark lady è Satanik, personaggio dei fumetti creato da Max Bunker e Magnus. Nel cinema si può ricordare Catherine Tramell di Basic Instinct, o Phyllis Dietrichson di “La fiamma del Peccato.

Questo personaggio è affine a quello della Femme Fatale termine francese che ha il suo corrispettivo nell’italiano donna fatale, o vamp, tanto che sono spesso utilizzati come sinonimi, sebbene le due figure non coincidano necessariamente: la femme fatale è una donna maliziosa e disinvolta, ma in genere non nasconde la cattiveria e il desiderio di annientamento tipico della dark lady, anche se finisce per portare spesso l’eroe verso la rovina.

Nella letteratura decadente era utilizzata spesso la figura dell’“inetto a vivere”, un uomo timido, escluso dalla vita, impotente e incapace di assumersi responsabilità, perché indebolito da un forte senso d’inferiorità che nutre nei riguardi di tutti gli altri cittadini del mondo. Di contro a questi uomini deboli e malati si costruisce l’immagine antitetica di donna: la femme fatale, dominatrice, vendicativa e perversa. Sebbene il termine sia francese, il primo esempio di femme fatale è la “Fosca” di Iginio Ugo Tarchetti, e simili eroine popolano i romanzi di Gabriele D’Annunzio, in cui la donna è costantemente la nemica che si oppone ai sogni eroici dei protagonisti. In ambito europeo, la figura ricorre in tutta la letteratura di fine Ottocento e inizio Novecento, dalla Salomè di Oscar Wilde alla Lulù di Wedekind, il cui personaggio è divenuto un archetipo, alla Venere in pelliccia di Leopold von Sacher-Masoch. Altri Personaggi tipici più recenti sono Catwoman e Poison Ivy in Batman, Jessica Rabbit personaggio inventato da Gary Wolf e trasposto nel film d’animazione “Chi ha incastrato Roger Rabbit”.

Nel filone cinematografico del noir e in particolare del giallo hard boiled, la dark lady si presenta come una donna misteriosa, bellissima comunque inaccessibile, che attira con il proprio fascino perverso l’eroe (rappresentato in genere dal detective privato) in qualche vicenda intricata e pericolosa, se non in una vera e propria trappola. Dalla metà degli anni ottanta, si è avuta una graduale ripresa del personaggio della dark lady nella cinematografia, che ne ha esteso la presenza anche al genere pulp, ampliandone i connotati fino a comprendere quello di donna guerriera e letale (Kill Bill, Sin City).