The Cage

L’essere umano, eletto e condannato al suo ruolo, costruisce la sua identità in funzione della società cui appartiene. Come in una gabbia osserva il mondo dalle sbarre, convinto dell’immutabilità del proprio stato.

Allo stesso modo l’osservatore attento penserà di trovarsi di fronte ad un animale in cattività, alle prese col suo rifiuto o la sua accettazione in un sicuro e neutrale giardino zoologico.

La gabbia è dunque prigione, ma anche prospettiva. Emblema di ciò che ci viene imposto, ma anche di un rifugio sicuro. Porre l’uomo da solo in un luogo angusto e senza vie di uscita significa porlo di fronte a se stesso e alla sua identità. I suoi abiti, i suoi sguardi e le sue provocazioni
divengono soggetti attivi anzichè complementi della sua recitazione. Gettate assieme nell’arena, l’identità reale e quella artificiale, si osservano per la prima volta e la loro dialettica è la raffigurazione più accurata che possiamo avere dell’essere umano.

Ponendosi al di là delle sbarre, nascosti dietro l’obiettivo, possiamo essere spettatori privilegiati di tutto questo. L’occhio imparziale della fotocamera per un attimo restituisce la realtà non più per come appare, ma per come è. Compito del fotografo è catturare quell’istante e dilatarlo nel
tempo fino a renderlo infinito.